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L’Intelligenza dei Modelli Linguistici: Oltre la Mera Parola

sfondo nero. una bambina con codice informatico proiettato sul volto

La ricerca nell’intelligenza artificiale ha fatto passi da gigante negli ultimi anni, con modelli di linguaggio come GPT che hanno dimostrato capacità linguistiche straordinariamente avanzate. Tuttavia, un recente documento del 7 novembre 2023, redatto da un team di esperti provenienti da istituzioni prestigiose come l’Università del Texas ad Austin e il MIT, ci invita a riflettere più criticamente su ciò che questi modelli linguistici avanzati possono effettivamente comprendere e su cosa rappresenta la loro “intelligenza”.

L’articolo, intitolato “Dissociating Language and Thought in Large Language Models”, affronta una questione fondamentale: i grandi modelli di linguaggio (LLMs) possono effettivamente pensare? Gli autori, tra cui Kyle Mahowald, Anna A. Ivanova, Idan A. Blank, e altri, si districano tra due concetti spesso confusi: la capacità di un sistema di elaborare la lingua e la sua capacità di pensare in modo autonomo e razionale.

L’articolo sfata due misconcezioni prevalenti. La prima è che un’entità dotata di una solida competenza linguistica debba necessariamente possedere anche una solida capacità di pensiero. La seconda è il suo rovescio: una cattiva capacità di pensiero significherebbe una cattiva competenza linguistica. Queste idee sono radicate nel modo in cui il linguaggio e il pensiero sono intrecciati nelle nostre menti umane, e come interpretiamo il linguaggio come finestra sul pensiero altrui.

Per affrontare queste fallacie, gli autori propongono di distinguere chiaramente tra competenza linguistica formale – la conoscenza delle regole e delle regolarità statistiche della lingua – e competenza linguistica funzionale – la capacità di usare la lingua in modo efficace e significativo in contesti reali. I modelli attuali, come GPT, eccellono nella prima, ma la loro performance nella seconda è meno costante e spesso richiede interventi specifici.

Questa ricerca è cruciale non solo per gli sviluppatori di AI, ma anche per il pubblico più ampio. Viviamo in un’era in cui interazioni quotidiane con assistenti virtuali e chatbot sono diventate comuni, e c’è il rischio di sopravvalutare la “comprensione” che questi sistemi hanno delle nostre richieste e dei nostri discorsi. Gli autori ci invitano a un esame più approfondito delle capacità reali di questi sistemi e a uno sviluppo futuro che miri a un’integrazione più autentica tra competenza linguistica formale e funzionale.

In sostanza, mentre celebriamo i progressi compiuti dai modelli linguistici avanzati, dobbiamo rimanere consapevoli delle loro limitazioni e continuare a perseguire il progresso in modo informato e critico. 

Leggi l’articolo completo Dissociating Language and Thought in Large Language Models su ArXiv:

Foto di ThisIsEngineering su Pexels.

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