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Come si intrecciano Morte, tecnologia e lutto

immagine di signora che indossa un visore 3D per la realtà virtuale. Sfondo rosa, poco illuminato.

Contrariamente ad altre culture nel mondo, la società occidentale rifiuta la morte ed è possibile evincerlo, per esempio, dal piano urbanistico delle nostre città, che vedono un progressivo allontanamento delle zone abitative dai cimiteri. Anche il piano lessicale comunica la distanza imposta tra vita e morte nella nostra cultura. Infatti, è considerato di cattivo gusto parlare di morte in momenti di scambio e convivialità e, quando lo si deve fare, la tendenza è quella di ricorrere a espressioni e modi di dire che tentano di smussare la nettezza del significato del messaggio, come ad esempio “scomparso”, “mancato”, “andato”, o “stroncato” se da una malattia, “in un posto migliore” e tanti altri ancora.

Un’altra manifestazione del rifiuto dell’idea di mortalità da parte della nostra società, è osservabile nell’allontanamento dal rito del lutto così come lo conosciamo oggi.
In una società che si può definire delle immagini, dove si è sempre più online che offline e la cui comunicazione è digitale e spinge sempre di più gli utenti a diventare produttori di loro stessi  producendo sempre di più, subordinando così il sociale alla produzione del sé; non c’è più tempo ne spazio per quel silenzio che caratterizza il rito del lutto e che permette la generazione di un senso di sacralità e raccoglimento. 

Tuttavia, nonostante la digitalizzazione della comunicazione predomini nella nostra società e nonostante i ritmi sempre più serrati imposti dal capitalismo e dalle tecnologie alle quali stiamo tentando di adattarci anno dopo anno; sembrerebbe che l’esigenza di creare comunità e di condividere determinati ritmi nella società sia una componente intrinseca nell’essere umano. Infatti, proprio per la mancanza di comunità nel mondo reale, sono sempre di più gli individui che la ricercano online attraverso i social, come ad esempio nel caso del lutto.  

Il rito del lutto ha obiettivi precisi, come tener viva la memoria del defunto, una forma di rianimazione spirituale attraverso una continua interazione tra amici e parenti e la creazione di una sorta di rete di sicurezza. Queste funzioni vengono mantenute e reiterate nelle “community” (le comunità che si creano online), come nel caso delle pagine commemorative su Facebook di persone decedute. Anche lì, la commemorazione di un defunto e la comunità che di conseguenza viene a crearsi, possono essere considerate forme di ritualità ma vissute, condivise ed espresse con i mezzi di comunicazione e gli spazi a disposizione odierni, caratterizzati dall’evoluzione tecnologica.

Foto di NordWood Themes su Unsplash.

Oltre ai social media come Facebook, esistono siti e piattaforme che consentono la creazione di una community e di perpetrare la memoria del caro defunto, come la startup Eterni.me, che promette di mantenere per sempre i pensieri, le memorie e le storie che ogni utente ritiene più importanti. L’obiettivo di Eterni.me è quello di programmare una copia digitale “vivente” dell’identità soggettivo dell’utente, mantenendo operative le capacità e caratteristiche del defunto di quando era in vita.
Sono stati creati anche dei chatbot con le peculiarità caratteriali di persone defunte, programmandoli con le memorie condivise dai programmatori, immagini, video , conversazioni e scambi di vario genere avvenuti con il defunto, creando di fatto degli spettri digitali. Uno degli esempi più famosi è stato chiamato Luka ed è stato creato da Eugenia Kuyda nei giorni che seguirono il decesso del suo caro amico Roman.
Sono stati realizzati anche ologrammi di persone defunte, come quello del cantante Ronnie James Dio, in vista di un tour mondiale nel 2017.

Nel 2016, in corea del sud, una madre ha avuto la possibilità di reincontrare la propria figlia, deceduta anni prima, grazie a un avatar con il quale ha potuto interagire in uno spazio virtuale per mezzo di un visore 3D.

Tutte queste soluzioni possono rappresentare un grande supporto nel processo del lutto, integrandosi al rito e adattandolo a un contesto sempre più digitale. I chatbot, ad esempio, possono essere considerate la versione digitale delle stele false-porte, elementi caratteristici delle tombe degli Egizi dell’Antico Regno che simboleggiavano un’apertura che metteva in comunicazione il mondo dei morti da quello dei vivi.

Tuttavia, queste stesse invenzioni sono anche al centro delle ricerche transumaniste, che hanno invece l’obiettivo di superare i limiti biologici per mezzo della scienza e della tecnologia, con quello ultimo che consiste nel limite alla vita imposto dalla morte; questo a confermare l’allontanamento dell’idea di mortalità da parte della nostra società.

I siti e i social come Eterni.me non sono più considerati come strumenti per il rito del lutto, bensì come mezzi per raggiungere una prima forma di immortalità: quella raggiungibile attraverso la memoria.
Le soluzioni come gli avatar, offerte da programmi come Eter9, LifeNaut e altri ancora, mirano all’obiettivo finale che è il minduploading, rendendo possibile un proseguimento della vita nel mondo online una volta raggiunto il limite biologico di quello offline. 
Ad oggi, LifeNaut prevede la creazione di una Mindlife e una Biolife. La Mindlife consiste appunto in un backup della personalità dell’utente su un dispositivo elettronico che culmina con la creazione di un avatar personalizzato. La Biolife, invece, consiste nella criogenizzazione del DNA dell’utente in vista di un eventuale clonaggio non appena saranno disponibili le tecnologie necessarie.
A rendere possibile la considerazione della realizzazione di progetti del genere è l’interpretazione che è possibile adottare dell’identità e della personalità umana: considerandole un insieme di dati, è facilmente immaginabile di poterli caricare altrove cambiando unicamente il dispositivo fisico, l’hardware.

Foto di Markus Spiske su Unsplash.

Quella del minduploading e del proseguimento della vita online una volta deceduti in quella offline, non sono prospettive future così distanti da oggi. Sono infatti tante le serie televisive e i film che dipingono scenari del genere, basti pensare alla serie intitolata “Black Mirror” di Netflix, o “Upload” di Amazon prime, o ancora il film “Her”, che data del 2013

Se l’evoluzione tecnologica dovesse arrivare al punto di rendere possibile il Minduploading, risulterebbe necessario ripensare alla funzione e alla simbologia del rito del lutto in quanto verrebbe effettuata una netta distinzione tra morte biologica e morte definitiva (ovvero anche nel mondo online, per esempio in caso di virus o tempeste solari o altro ancora). In tal caso, è possibile immaginare che anche il classico rito del lutto come lo conosciamo oggi potrebbe subire uno sdoppiamento in due riti distinti: un primo che dia importanza all’assenza del defunto nel mondo reale e cioé che gli permetta di abbandonare la veste di spettro per indossare quella di chatbot o avatar. Il secondo rito del lutto servirebbe invece a salutare definitivamente il proprio caro, dando l’addio alla persona e non più solo al contenitore. 

Se questo dovesse verificarsi, anche il significato del termine morte subirebbe delle variazioni: non rappresenterebbe più una fine definitiva, o quantomeno non rappresenterebbe più solamente una fine definitiva, ma anche una fase di transizione da una forma di vita all’altra (come in realtà è già in altre culture senza che abbiano però ricorso alla tecnologia, come nel caso del buddismo).

Foto in copertina di Michelangelo Buonarroti su Pexel.

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