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La proletarizzazione della corporation

“Proletario” nel senso comune indica (forse erroneamente) chi non ha altra proprietà che quella dei propri figli. Per Karl Marx “proletario” indica il lavoratore salariato che non ha più la proprietà dei mezzi di produzione e vive solo del proprio salario corrisposto in cambio della forza-lavoro. Ma c’è un’altra connotazione del termine a cui si presta meno attenzione: il proletario non ha più neanche le competenze proprie del lavoro pre-industriale: non ha né le competenze che gli permettevano di lavorare come contadino né quelle di un artigiano.

Parlare di proletarizzazione di una corporation, cioè chi è il proprietario dei mezzi di produzione e fa lavorare i proletari a salario, sembrerebbe una contraddizione, se non tenessimo conto di questo terzo aspetto del significato del termine.

Ma se scaviamo a fondo nei motivi per i quali le grandi aziende informatiche stanno investendo nell’AI troviamo la connessione fra i due concetti.

Partiamo dall’analisi fatta da Emily Tucker, Executive Director del Center on Privacy & Technology alla Georgetown University.

Per dare un senso all’entità degli investimenti nell’AI, al sapore di snake oil (olio di serpente) dell’hype culturale sull’AI, alla somiglianza dei chatbot di prima generazione con dei sociopatici, non bastano i profitti che i chatbot LLM porteranno rivoluzionando il mondo dell’advertisement (la pubblicità è fonte principale di tutte le grandi aziende del web).

Per giustificare tutta questa agitazione, secondo Emily Tucker, ci vuole spiegazione in termini di previsione di un surplus privato maggiore di quanto la sola pubblicità può produrre come strumento per l’accumulazione di potere e capitale su larga scala e a lungo termine da parte di persone già ricche e potenti.

Emily Tucker parte dalle parole di Bill Gates, alla luce della sua esperienza di grande monopolista e manipolatore delle strutture aziendali ed economiche: i grandi guadagni non stanno nel vendere prodotti all’industria, ma nel controllare l’industria stessa. In che modo i chatbot i miliardari dell’AI a prendere il controllo dell’industria? Bill Gates dice: “Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale… cambierà il modo in cui le persone lavorano, imparano, viaggiano, ricevono assistenza sanitaria e comunicano tra loro. Interi settori si riorienteranno attorno ad esso. Le aziende si distingueranno per il modo in cui lo utilizzeranno”.

Per queste aziende “distinguersi” nel prossimo futuro significherà possedere gli algoritmi AI che cattureranno “intere industrie”, dall’istruzione all’assistenza sanitaria.

Quando il settore sanitario, ad esempio, sostituirà chi gestiscono l’amministrazione con sistemi AI e chi si relaziona con i pazienti con dei chatbot, gli operatori sanitari perderanno il lavoro. Ma non sarà questo il (solo) problema. Per Emily Tucker la preoccupazione più grande è che, “man mano che gli algoritmi assumeranno sempre più il controllo della gestione del sistema sanitario, ci saranno sempre meno persone che sapranno anche solo come fare le cose che fanno gli algoritmi”. Il sistema economico cadrà sempre più schiavo delle aziende che costruiscono, possiedono e vendono gli algoritmi AI.

La prospettiva che ci aspetta è che una azienda IT conquisterà le corporation di un determinato settore industriale, rendendole incapace di funzionare senza i software AI proprietari dell’azienda IT che assorbiranno tutta la conoscenza delle corporation. A quel punto le corporation del settore non potranno cambiare il modo di funzionamento del settore né influire sul comportamento dell’azienda IT. Se questa vuole aggiornare i propri sistemi AI a discapito della corporation catturata, nessuno potrà impedirglielo e non dovrà neanche comunicarlo, vista la situazione di monopolio. Stessa cosa per i prezzi dei software AI che saranno in mano alle aziende IT e l’unica possibilità sarà scaricare i costi sugli utenti, magari di un servizio pubblico.

Si aprono quindi nuovi scenari di possibilità monopolistiche rispetto a quelle conosciute nel XX secolo. L’obiettivo non è più quello di dominare le industrie cruciali, ma di appropriarsi della loro proprietà intellettuale. Cioè della loro conoscenza sul fare il loro lavoro, così come è successo con la proletarizzazione dei lavoratori. Alle corporation dei diversi settori rimarrà si la proprietà dei mezzi di produzione, ma sempre meno la proprietà della conoscenza per farli operare.

A quelli che ora sono in alcuni settori già un conglomerato di monopoli di fatto verrà sovrapposto un monopolio tecnologico. Il settore sanitario negli Stati Uniti, come altri – dice la Tucker – è già organizzato come un conglomerato di monopoli di fatto. Quindi le aziende IT non dovranno faticare per sovrapporre il loro monopolio tecnologico a quello dei monopolisti del settore. Se le aziende IT diventeranno monopoliste in settori diversi, si divideranno le industrie più redditizie in una serie di feudi senza troppi conflitti: sanità, media, scuola, ecc. La concorrenza si limiterà a battaglie minori per annettere al feudo un angolo non reclamato del panorama industriale, e occasionalmente a grandi battaglie per il controllo generale di un feudo specifico.

Ma perchè le corporation dei diversi settori dovrebbero cadere in questa trappola? Gli investimenti per realizzare sistemi AI sono troppo grandi per molte industrie. Inoltre la tentazione di sostituire il lavoro umano con sistemi AI che non scioperano, non fanno causa, non parlano con la stampa è troppo grande per non caderci.

L’unico modo in cui le aziende possono creare prodotti AI è accumulando miliardi di dati su miliardi di persone mentre vivono le loro vite sempre più digitali, e questi prodotti continueranno a funzionare solo se alle aziende sarà consentito di crescere e aggiornarsi. i loro set di dati all’infinito. E come dicevamo in questo post la battaglia per la conquista dei dati aziendali è già cominciata.
Fermare questo trend diventerà sempre più difficile se i dati di sorveglianza saranno necessari per ogni attività: dal mondo della scuola a quello della salute. La sorveglianza diventerà il presupposto del funzionamento della società e della possibilità di ogni persona di operare nella quotidianità. Non ci sarebbe possibilità di opporsi, sarebbe semplicemente un dato di fatto della vita contemporanea.

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