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Minecraft potrebbe anche avere un impatto sul futuro dell’intelligenza artificiale.

Di Gianmarco Thierry Giuliana

Nel 2011 veniva pubblicato un gioco per computer che avrebbe cambiato la storia del videogioco e della cultura videoludica: Minecraft. Basato sull’idea di mondi generati proceduralmente (e cioè sempre diversi a ogni partita e per ogni giocatore) fatto di “blocchetti/cubetti” con cui chi gioca può interagire liberamente ed in modo creativo senza uno scopo predefinito (un po’ sul modello Lego!), Minecraft è nato come una esperienza unica che ha conquistato tanto i bambini quanto gli adulti. L’indiscutibile libertà di Minecraft e l’uso creativo che caratterizza la sua community ha messo questo videogioco già diverse volte al centro dell’attenzione. Un caso recente è per esempio quello della creazione della “Minecraft Uncensored Library”: un mondo di Minecraft creato in collaborazione con Reporter Senza Frontiere che offre la possibilità a chi lo visita di accedere a testi che in alcuni paesi sono censurati per motivi politici e ideologici. Dal punto di vista del design dei videogiochi, per altro, il suo gameplay detto “emergente” (in quanto sono i giocatori a creare una propria “storia” a partire dalle interazioni possibili) basato sulla costruzione creativa ha ispirato moltissimi giochi e in particolare uno dei titoli più giocati al mondo: Fortnite. Ma soprattutto, Minecraft ha contribuito fortemente alla nascita di una “cultura spettatoriale” del videogioco con milioni di video su piattaforme come YouTube caricati dai giocatori.

Ebbene a partire da oggi Minecraft potrebbe anche avere un impatto sul futuro dell’intelligenza artificiale.

OpenAI, un’organizzazione di ricerca sull’intelligenza artificiale che vede fra i suoi fondatori Elon Musk, ha infatti creato un bot senza precedenti capace di giocare a Minecraft quasi come un umano dopo avergli fatto “guardare” 70.000 video di giocatori su Minecraft. La tecnica usata per ottenere questo risultato a partire da dati come video di YouTube apre infatti a nuove possibilità nel campo del machine learning. Più precisamente, questa tecnica è legata a una forme specifica di apprendimento che riguarda la possibilità per le reti neurali di apprendere per imitazione osservando gli esseri umani che svolgono compiti. L’apprendimento per imitazione può essere utilizzato per addestrare l’intelligenza artificiale a fare una moltitudine di cose: dal controllare bracci robotici, a guidare automobili o navigare in pagine web. 

In modo interessante, vi è un legame di lunga data fra videogiochi e intelligenza artificiale. Infatti, si può affermare che il rapporto con l’intelligenza artificiale sia un punto fondamentale che distingue i videogiochi da altre forme di gioco. Troviamo così algoritmi di apprendimento già in giochi del 1992 come “Dragon Quest IV” e specifici algoritmi di apprendimento per imitazione in Black & White del 2001. Una “tradizione” che continua ancora oggi nei titoli più recenti e di successo come Forza Horizon 5 del 2021.

Quanto è successo due settimane fa con Minecraft, tuttavia, eccede di gran lunga le tecnologie di machine learning implementate nei videogiochi. La scoperta che è stata fatti riguarda in questo caso l’uso di materiali video usati come base di apprendimento. Il problema degli approcci esistenti all’apprendimento per imitazione è che le dimostrazioni video devono essere “etichettate” a ogni passo: fare questa azione fa accadere questo, fare quell’altra fa accadere quello e così via. Annotarle a mano in questo modo è molto dispendioso.

Baker e colleghi, i ricercatori a cui dobbiamo la scoperta di cui stiamo parlando, volevano trovare un modo per trasformare i milioni di video disponibili online in un nuovo insieme di dati. E vi sono riusciti registrando le azioni dei giocatori in carne ed ossa per creare una rete capace di etichettare da sola le azioni poi presenti nei video. Un approccio che prende il nome di “Video Pre-Training” (VPT).

Ma perché scegliere Minecraft per questo compito? Proprio perché si tratta di un gioco estremamente libero che permette di modellare tutta quella parte dell’agire (e pensare!) umano che si può ridurre ad una serie di scelte giuste o sbagliate. L’apprendimento per imitazione è infatti un’alternativa all’apprendimento per rinforzo, in cui una rete neurale impara a eseguire un compito da zero attraverso prove ed errori. È la tecnica alla base di molte delle più importanti scoperte nel campo dell’intelligenza artificiale degli ultimi anni, ma ha il limite di potersi applicare solo a tutti quei casi in cui vi è uno scopo chiaro e un esito in qualche modo misurabile.

Ricercatori diversi hanno espresso pareri divergenti, più o meno ottimisti, sul potenziale effettivo di questo risultato e in particolare sull’applicazione di questo metodo a campi diversi in cui osservando l’agire fisico umano le I.A. possono imparare ad agire a loro volta nel mondo. Chiaramente si tratta di qualcosa che  potremmo sapere effettivamente solo nei mesi e anni a venire.

Quel che però rimane certo è che i progressi nel campo dell’intelligenza artificiale sembrano oggi più che mai legati allo studio dei prodotti culturali delle comunità umane contemporanee, prodotti culturali di cui il videogioco è un esempio indiscutibile e iconico.

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