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Dispossession cycle in azione

Con GPTBot e l’intervento di Google sulle leggi del copyright Australiane in questi giorni possiamo vedere in azione il dispossession cycle descritto e predetto da Shoshana Zuboff nel suo libro “The Age of Surveillance Capitalism”.

OpenAI e Google stanno seguendo come da copione in ciclo che porta i grandi attori del capitalismo della sorveglianza ad appropriarsi di nuovi spazi prima privati o beni comuni.

Si tratta di un’intricata convergenza di operazioni politiche, sociali, amministrative e tecniche che, dice la Zuboff “richiede una gestione astuta per un periodo di tempo considerevole, e in questo caso il coordinamento di varie azioni. Le sue operazioni di espropriazione rivelano un prevedibile sequenza di fasi che devono essere realizzate e orchestrate nei minimi dettagli per raggiungere il loro massimo destinazione come sistema di fatti attraverso i quali si normalizza l’estrazione del surplus.”
Le quattro fasi di questa “teoria del cambiamento” sono incursione, assuefazione, adattamento e reindirizzamento (incursion, habituation, adaptation, e redirection). Il ciclo si è già compiuto più volte (da Gmail a Google Street view, da Pokemon Go all’analisi delle nostre emozioni).

Il nuovo territorio da cui estrarre il surplus è ora la nostra conoscenza stessa, rappresentata dal materiale sul web, che sia soggetto a copyright o meno, di cui abbiamo autorizzato l’utilizzo o meno.

Siamo alla prima fase, l’incursione unilaterale da parte di OpenAI e Google, ma anche di tutti gli altri attori che addestrano AI generative, in un “territorio indifeso”: il web. O meglio, indifeso perchè fino a pochi mesi fa non si supponeva che i documenti multimediali a disposizione di tutti sul web potessero diventare fonte di conoscenza per ChatGPT, gli altri Large Language Models e gli altri sistemi di AI generativa. Il web è sì a disposizione di tutti, indicizzato dai motori di ricerca, ma non si supponeva che se ne potesse estrarre gratuitamente la conoscenza e rivenderla.

Si ripete cosi’ il ripetuto “peccato originale di semplice rapina” teorizzato dalla filosofa ed economista Hannah Arendt, come atto che il capitalismo deve necessariamente periodicamente ripetere perchè non è in equilibrio. Dice la Zuboff: “

L’incursione si sposta lungo la strada senza guardare né a destra né a sinistra, rivendicando continuamente diritti decisionali su qualunque cosa si trovi sul suo cammino. ‘Io ora prendo questo ‘ dice. ‘Questi sono miei adesso.'”

Nel nostro caso OpenAI con GPTBot si sta appropriando di tutti i contenuti per darli in pasto a GPT5: se proprio non vogliamo concederli dobbiamo farlo espressamente. Ma come abbiamo detto questa concessione si basa su una falsa analogia con l’indicizzazione del web da parte dei motori di ricerca.

Il lancio dell’incursione procede sicuro fino a che non si incontra resistenza, al che procede con opera di seduzione (“Raccogliamo periodicamente dati pubblici da Internet che possono essere utilizzati per migliorare le capacità, l’accuratezza e la sicurezza dei modelli futuri”, ““Crediamo che tutti traggano vantaggio da un vivace ecosistema di contenuti”),

A questa fase segue l’habituation, ignoro gli avversari e procedo come niente fosse. Intanto passa lo scandalo e ci abituiamo tutti al mondo nuovo.

Se proprio devo fare qualcosa scatta la fase dell’adaptation: puoi anche modificare il tuo file robot.txt per consigliarmi di non raccogliere i file, ma tanto l’ho già fatto prima e non puoi provare che lo rifarò. Intanto cerco di fare cambiare le regole: in questo mondo nuovo il concetto di copyright che conosciamo non è più funzionale. Faccio qualche accordo con gli editori più potenti, ma tutto il resto me lo prendo gratis. Chiedo scusa quando GPT5 sputerà fuori qualche pezzo di libro preso senza autorizzazione.

Nella fase finale, la redirection, le corporation si coltivano “nuove retoriche, metodi ed elementi di design che reindirizzano le operazioni di fornitura contestate quel tanto che basta perché appaiano conformi alle esigenze sociali e legali”.

Tutto previsto da copione. L’unica domanda è quale sarà l’oggetto della prossima incursione: la nostra mente?

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