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L’AI nella Storia dell’Arte

Come sottolinea David G. Stork, l’Intelligenza Artificiale (AI) è utile anche alla storia dell’arte perché  potenzia  la comprensione delle opere rivelando particolari nascosti, recupera capolavori perduti e apre prospettive stimolanti sul patrimonio culturale globale.

L’AI è in grado di analizzare più accuratamente dell’occhio umano i dettagli, le pennellate, i colori, gli stili, tutto ciò che rivela le intenzioni espressive degli artisti. Ad esempio, l’analisi AI del quadro “Ragazza con l’orecchino di perla” di Johannes Vermeer fornisce una comprensione più approfondita del modo in cui l’artista gestiva e rappresentava la luce, osservando dettagli dell’opera, come i riflessi negli occhi della ragazza, nella perla e l’ombra proiettata dal naso sul viso.

Grazie all’analisi di vasti set di dati, l’AI è in grado di trovare più velocemente correlazioni, può rapidamente identificare tendenze nelle pose dei personaggi rappresentati. Ad esempio, durante il Rinascimento, molti ritratti di reali e leader politici sono stati dipinti di profilo, trasmettendo un senso di solennità.  Gli artisti del movimento giapponese Ukiyo-e (XVII – XIX secolo) spesso usavano prospettive distorte o insolite per creare effetti drammatici, o evocare sensazioni di dinamismo e sensualità. Gli artisti primitivisti come Henri Rousseau (XIX secolo) e Henri Matisse (inizio XX secolo)  spesso dipingevano le persone in pose frontali. Questo approccio mirava a sottolineare la semplicità e la spontaneità, con una prospettiva che era meno orientata verso la profondità e più concentrata sulla rappresentazione diretta dei soggetti. Mentre nel Rinascimento la prospettiva era spesso utilizzata per rappresentare l’armonia e la precisione scientifica, nell’ukiyo-e giapponese e nell’arte primitivista la prospettiva serviva a creare effetti emotivi e a trasmettere un senso di spontaneità.

Il potere dell’AI nell’arte si manifesta anche nel recupero di opere d’arte. Capolavori come l’opera Medicine di Gustav Klimt, andata perduta durante la Seconda Guerra Mondiale, sono stati recuperati grazie alle reti neurali addestrate su immagini di bozzetti preparatori, foto e dati testuali. Questi algoritmi hanno anche riportato alla luce parti di dipinti, come Two Wrestlers di Van Gogh, contribuendo a completare i quadri.

Si prevede che l’AI continuerà a dare un contributo significativo alla storia dell’arte, offrendo agli studiosi strumenti avanzati per analizzare, interpretare e recuperare opere d’arte, aprendo così una finestra su mondi artistici perduti nel tempo.

In futuro AI nell’arte non solo potenzierà la comprensione delle opere e recupererà capolavori smarriti, ma aprirà anche porte verso un’esplorazione continua dei tesori artistici del passato, fornendo agli studiosi nuove chiavi d’accesso.

Riferimento:

David G. Stork, How AI is expanding art history. From identifying disputed artworks to reconstructing lost masterpieces, artificial intelligence is enriching how we interpret our cultural heritage, in “Nature”, vol. 623, 23 November 2023, pp. 685-687.

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